Ricordo della mia vita
di ”Vincenzo Commez"

“Io quando ero piccino mio padre era in carcere, e la mia povera madre non poteva dare da vivere a sette figlioletti, ella andava a fare la serva e portava ogni sera un po' di pane, e così ci dava da mangiare. Io e la mia sorella maggiore andavamo a chiedere l'elemosina, ed alla sera andavamo a casa. Dopo due anni io e mio fratello più piccolo andammo a lavorare di carbonai e guadagnavamo quattordici soldi al giorno […] alla sera tornò mia madre che mi disse: 'Io vado a casa e mi corico perché non mi sento bene'. […] Dopo due giorni io, mentre andavo a lavorare venne una guardia borghese e disse al guardaporte: 'Dov'è quella famiglia che era morta la madre col colera?' Il guardaporte disse alla guardia: 'ecco un suo figliuolo che va a lavorare'; la guardia mi chiamò e me lo disse: 'Sai dove sono i tuoi fratelli e le tue sorelle perché vi voglio chiudere in un serraglio; io tutto allegro dissi di sì, io corse a chiamare le mie sorelle e i miei fratelli, la guardia ci portò al lazzaretto, lì rimanemmo quattro giorni e poi ce ne andammo via, io appena uscii andai a lavorare. Dopo un anno mentre stavo parlando con la padrona e col padrone vidi mia zia che correva con mio fratello più piccolo, io dissi: 'dove andate', loro mi chiamarono e dissero 'vieni con noi'; io andai con loro e mi portarono dal reverente Viggiano; il reverente Viggiano disse di venire vicino l'arsenale il giorno dopo, io andai alla bottega e andai a dormire. Quanto fu la mattina io dissi alla padrona di andare un po' a casa della zia, la padrona disse di no; allora io scappai via e andai dalla zia, la zia andò a chiamare mio fratello e andammo alla porta dell'arsenale. Venne il reverente Viggiano e ci portò a bordo; a bordo dopo un giorno ci vestimmo da marinaretti ed eravamo due marinaretti come tutti gli altri. Dopo due mesi venne però un'altra madre a bordo, la signora Civita, la quale è tanto affettuosa con noi e ci vuole tanto bene.”

(Dall'articolo di Jack La Bolina, 1916)

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